Manager: puntiamo sul capitale umano
Nei tempi attuali la vita dei manager è divenuta molto complicata, non solo a seguito delle difficoltà derivanti dai mercati sempre piu’ competitivi e imprevedibili, ma soprattutto dalla diffusa modalità di orientamento al breve, dalla prevalenza dei risultati puramente finanziari e dalla diffusa “sindrome da smart-phone” che riduce la capacità di riflessione e di definizione delle priorità.
La cosiddetta “trimestrale”, cioè la verifica formale della redditività a brevissima scadenza ha originato un clima di parossismo verso i risultati che, paradossalmente, non favorisce il raggiungimento dei risultati stessi.
Questo approccio, basato sulla spasmodica attenzione di quello che si sta realizzando in breve lassi di tempo e in ogni ambito di prestazione rende goffi, innaturali e timorosi. In altre parole, la paura di sbagliare, il timore di non farcela si traduce in una diffusa “profezia auto-confermante” negativa.
A questi fattori si aggiunge anche la progressiva e diffusa “finanziarizzazione” del mondo economico e delle imprese. La speculazione finanziaria puo’ arricchire enormemente chi riesce a praticarla, ma non genera reale ricchezza, come sa fare l’economia produttiva basata sull’innovazione e sulla strategia competitiva che impiega intelligentemente la finanza come mezzo per incrementare i risultati economici e non come fine ultimo di arricchimento.
Ma cosa possono fare i manager per non “affogare in questa “tempesta perfetta”? Devono seguire le antiche leggi del mare: nei casi estremi occorre salvare la nave anche a costo di gettare in mare il carico che viene trasportato. Non perdere la nave significa poterla impiegare in futuro per trasportare nuovi carichi e recuperare il danno subito.
Uscendo dalla metafora, i manager possono uscire dalle strette delle attuali ricorrenti crisi economiche (che creano insormontabili difficoltà quotidiane e portano all’espulsione di molti di essi etichettati come “obsoleti”) dedicando maggiore attenzione alla “propria nave”, cioè al proprio valore professionale, e non solo al “carico”, cioè alle non sempre chiare e spesso contraddittorie attività da svolgere.
Se i manager vogliono guardare serenamente al proprio futuro debbono curare e valorizzare il patrimonio con il quale vengono apprezzati e compensati: si tratta del loro “capitale umano”.
Scoprire in che consiste il capitale umano
Il termine capitale umano, spesso utilizzato, ma altrettanto spesso impiegato genericamente e talvolta a sproposito, va innanzi tutto chiarito per poterne comprendere le enormi potenzialità.
Il capitale umano, nella moderna economia d’impresa, fa parte di quella componente ormai largamente prevalente di patrimonio intangibile che caratterizza la maggior parte delle imprese private e pubbliche che operano nei mercati competitivi o per fornire servizi ai cittadini. In tempi non lontani il patrimonio prevalente delle imprese, regolarmente iscrivibile nel bilancio, era quello tangibile (impianti, macchinari, fabbricati, brevetti, denaro. Le risorse umane rappresentavano un costo). Attualmente questa componente tangibile si è ridotta a favore di valori impalpabili, ma in grado di produrre risultati straordinari, come le competenze degli operatori, le forme di organizzazione, le capacità relazionali, la potenza di marchi originati all’interno e che, quindi, non possono essere formalizzati in brevetti.
Ma esiste anche un’accezione individuale di capitale umano: il valore delle competenze maturate nel tempo e apprezzate dall’impresa nella quale si opera e potenzialmente apprezzabili anche da altre imprese. Questo valore è sostenuto da due fondamentali componenti: le conoscenze acquisite e le capacità che si è in grado di mettere in campo.
In altri termini, il valore del capitale umano di ogni manager è composto dall’abbinata strategica del proprio bagaglio di conoscenze applicative (che possono essere di varia natura: tecnologiche, di mercato, gestionali, scientifiche, tecniche, ecc.), definite hard skill, e dai comportamenti che consentono a queste conoscenze di produrre i migliori risultati. Questi comportamenti sono definiti, appunto, capacità, o soft skill, e rappresentano la forza motrice delle conoscenze.
Incrementare il proprio capitale umano
Ma come è possibile evidenziare e incrementare l’abbinata delle proprie hard skill e soft skill? Ovviamente questo capitale umano, o professionale, non è un valore assoluto, ma un valore correlato alle condizioni e alle richieste del mercato. Va continuamente verificato e adattato a quello che l’impresa nella quale si opera sta richiedendo e presumibilmente richiederà in rapporto al mercato di riferimento.
Si tratta dell’attività che ogni organizzazione, che vuole rimanere competitiva e svilupparsi, deve curare aggiornando la propria “competenza distintiva” in sintonia con le richieste dei clienti o degli utenti. In altre parole, per consentire alla competenza (rappresentata da prodotti e/o servizi) di rimanere distinta dai clienti o dagli utenti occorre intelligentemente aggiornarla.
E’ la stessa manovra che ogni manager deve prioritariamente attuare, per salvaguardare se stesso e contribuire allo sviluppo economico della propria organizzazione e dell’economia in genere. Salvo affidarsi al clientelismo…
Come è stato efficacemente compreso e attuato ormai da molti anni, le organizzazioni, per rimanere competitive nei mercati, devono ridurre strategicamente i tempi che vanno dall’ideazione di rinnovati o nuovi prodotti/servizi al consumo di questi da parte dei primi clienti o dei primi utenti, tramite il criterio del Time to Market, cosi’ i manager debbono ridurre strategicamente i tempi di aggiornamento e di eventuale acquisizione delle proprie hard skill e soft skill.
Questa manovra al tempo stesso teorica e pratica la possiamo definire Time to mind.
Applicare il Time to Mind a livello individuale e collettivo
Se i manager vogliono sopravvivere all’attuale “tempesta perfetta”, dove le onde della speculazione finanziaria rischiano di far naufragare molte organizzazioni e di far affogare molti manager, devono dedicare attenzione e risorse non solo ai risultati da raggiungere (cioè alla produzione del reddito), ma anche al capitale umano proprio e dei propri collaboratori (cioè il valore professionale che consente di operare efficacemente solo se è adeguato alle necessità). Nissimin Taleb ha tradotto questa modalità con i titoli di suoi tre libri: innanzi tutto i “cigni neri”, cioè le minacce impreviste che si verificano continuamente. Poi, per evitare di soccombere alle turbolenze che tali avvenimenti producono occorre diventare “antifragili” e “metterci la faccia” affrontando i rischi perché cercando di evitarli si rimane spiazzati.
Per quanto riguarda le hard skill occorre ricordare che l’aggiornamento continuo puo’ essere ottimizzato dalla ingegnerizzazione della conoscenza, ma soprattutto dall’interscambio della conoscenza. L’apertura e l’interscambio contînuo aumentano decisamente la modalità di combattere l’obsolescenza.
Per quanto riguarda le soft skill (che attualmente non sono sufficientemente curate) è indispensabile aggiungere ai tradizionali supporti della formazione e del coaching l’auto-miglioramento. L’incremento delle capacità avviene allo stesso modo dell’incremento delle abilità motorie (tipiche dello sport e dell’esecuzione musicale), non in termini linearmente progressivi, ma in termini discontinui: occorre essere determinati e non demordere per ottenere il miglioramento.
L’auto-miglioramento organizzativo si basa su quattro fondamentali leve:
1. sistematiche letture finalizzate in grado di aprire orizzonti e di fornire consigli operativi;
2. visione ripetuta di brevi “lezioni filmate” svolte da esperti e formatori, visionabili su innumerevoli siti;
3. impiego di guide, manuali e questionari collaudati in grado di stimolare riflessioni, approfondimenti e cambiamenti di comportamento;
4. utilizzazione di pro-memoria comportamentali che richiamano alla memoria le particolari azioni emblematiche che occorre mettere in atto per essere più efficaci nell’espressione di ogni specifica capacità.
A queste leve si aggiunge anche l’auto-coaching basato su un percorso, (vedi l’apposito riquadro), che deve essere reiterato molte volte, insistendo autonomamente finché non si è ottenuta la stabilizzazione del comportamento che si vuole ottenere (come fanno gli sportivi e gli strumentisti musicali).
L’auto-coaching presuppone la determinazione e la continuità da parte di chi lo svolge, ma i tempi di investimento possono essere recuperati in tutte le fasi nelle quali non si opera, ma si ha tempo a disposizione: viaggi, attese, momenti di solitudine, ecc.
In sintesi, l’alternativa per i manager di oggi è o governare se stessi e l’impresa con il capitale umano o essere manovrati e sfruttati da organizzazioni che obbediscono solo a mercati turbolenti, imprevedibili e privi di prospettive.
La procedura per lo svolgimento dell’autocoaching
- Riesamini una Situazione od un'Attività recente in cui abbia messo in atto il comportamento che vuole rendere più efficace.
- Quale era il suo Obiettivo e quali azioni ha intrapreso?
- Individui un comportamento efficace dell’azione svolta. Individui anche un comportamento che vuole migliorare.
- A questi punto si chieda: "Cosa farei di diverso se mi trovassi ora in quella situazione?". Lo immagini tramite una visualizzazione che le consenta di osservarsi in azione. Definisca cosa è necessario fare in un Piano d'azione e lo conservi per verificare se è come verrà attuato in futuro.
- A fronte di una nuova Situazione analoga alla precedente fissi un nuovo "Appuntamento con se stesso" e ripeta tutta l'operazione. Occorre essere perseveranti e ripetere questo processo un buon numero di volte, finché non emerge e si consolida il miglioramento auspicato.
Cosa si puo’ ricavare dalla lettura di Governare l’impresa con il capitale umano
- Utilizzare job description sintetiche, autonome e dinamiche per seguire le turbolenze di mercato
- Apprendere come misurare e incrementare le hard skill e le soft skill (anche tramite gli Assessment telematici)
- Impiegare il Time to Mind per favorire l’auto-miglioramento anche tramite l’auto-coaching
- Affiancare alla contabilità tradizionale la “contabilità del capitale umano” per valorizzare il capitale intangibile della proprio organizzazione e unità organizzativa