Nuove intelligenze: quante e quali sono?
Scetticismo. Questo genera la lettura dei manuali di economia e management quando si affrontano i capitoli riguardanti la gestione delle cosiddette “risorse umane”. Scetticismo perché, fino a quando i temi trattati riguardano finanza, marketing o logistica, è facile fissare teorie consolidate e prassi operative. Meno facile quando si parla di persone.
Le classiche teorie sull’organizzazione del lavoro, su come guidare i dipendenti al raggiungimento degli obiettivi aziendali, hanno un retrogusto da secolo scorso, echeggiano di rumorose catene di montaggio e ritmi a cottimo. Una visione che vede l’essere umano come pigro e disposto a lavorare solo all’interno di un sistema di incentivi e controlli. Come se le persone fossero incapaci di assumersi responsabilità sul lavoro. Una concezione piramidale dell’azienda guidata da un management dotato di razionalità illimitata, il solo capace di scansionare in modo scientifico tutte le variabili, ponderarle e prendere la decisione migliore. Concezione questa già messa in crisi a inizi 900 da economisti come Herbert Simon, che iniziò a parlare di “razionalità limitata”. Limitata perché le decisioni sono in realtà frutto di compromessi con i vincoli imposti dalle organizzazioni e dai limiti stessi del sistema cognitivo umano.
Anche il concetto di “Quoziente intellettivo” che ha guidato per decenni la selezione del personale è obsoleto. Non esiste un’intelligenza unica, un punteggio superiore alle media che garantisca carriera e successo. Esistono intelligenze diverse e la capacità dell’individuo di successo consiste nell’utilizzare un tipo di intelligenza in un determinato contesto o situazione decisionale.
Quante e quali sono queste intelligenze? Le descrive Gian Carlo Cocco, autore del libro Neuromanagement. Per una nuova scienza del management (Franco Angeli editore, 210 pagine). L’autore parte dalla crisi del concetto di razionalità assoluta per arrivare a definire una nuova scienza del management basata sulle recenti scoperte della ricerca neurologica e psicologica. Dall’economia classica a una “economia sperimentale”, con l’obiettivo di descrivere come decidono i manager efficaci, quali “intelligenze” mettono in campo adattando il loro stile di direzione ai diversi obiettivi, gruppi e situazioni. Un nuovo modo quindi di concepire la leadership efficace, non più frutto di caratteristiche personali ma legata alla capacità di interagire in modo flessibile con le caratteristiche della situazione.
Perché leggerlo
La parte inziale rimanda a teorie della psicologia, introduce nozioni di neurologia e di fisiologia, riassume le principali tecniche di scansione per lo studio del cervello e delle aree attivate durante i processi decisionali. Seguono le applicazioni in ambito manageriale. Approccio questo che denota il rigore metodologico seguito dall’autore nell’affrontare questi temi. D’altronde per demolire delle certezze bisogna prima conoscerle. Non è una cosa da tutti.