Neuroscienze ed economia sperimentale: nuove frontiere del management
“Le idee, i concetti, gli assunti su cui sono state costruite e gestite le organizzazioni semplicemente non sono più in sintonia con la realtà.”
Peter Drucker
La “scienza manageriale” si sta rivelando sempre meno adeguata a interpretare e fornire contributi efficaci per il funzionamento delle organizzazioni. Due discipline possono fornire un significativo cambiamento di paradigma per rispondere alle nuove e impreviste condizioni di funzionamento dei mercati e delle organizzazioni private e pubbliche: le neuroscienze e l’economia sperimentale. Le neuroscienze possono consentire di utilizzare il modello delle intelligenze multiple e l’economia sperimentale è in grado di evidenziare il vasto panorama delle “trappole mentali” che caratterizzano il funzionamento della mente umana e l’espressione delle varie intelligenze, in genere, e degli operatori economici, in particolare. Sviluppando le diverse intelligenze multiple tramite il brain training e la mindfulness è possibile aprire nuove frontiere nella formazione manageriale per ridurre l’impatto delle trappole mentali e consentire l’applicazione dello “stato di grazia professionale”, come già attuato, per esempio, nella preparazione atletica.
I ritardi della “scienza manageriale” e i contributi delle neuroscienze e dell’economia sperimentale
La cosiddetta “scienza manageriale”, che da oltre un secolo si propone di ottimizzare il comportamento di responsabili e operatori delle organizzazioni, è da tempo fossilizzata su paradigmi superati legati alle discipline economiche tradizionali e alla psicologia classica. In particolare, continua a riproporre in modo automatico e per ogni contesto modelli di dubbia consistenza scientifica, basati su “esperienze eccellenti” (esperienze che hanno prodotto risultati positivi in specifici e limitati ambiti economico-sociali)......
Negli ultimi decenni le neuroscienze hanno arricchito e surclassato i principi della psicologia classica (nata più dalla speculazione filosofica che dalla ricerca). Stanno ampliando la comprensione del funzionamento della mente umana evidenziando sia le complesse facoltà, sia i diffusi e insuperabili limiti.
Dalle neuroscienze deriva anche la teoria delle intelligenze multiple di cui il neuroscienziato Howard Gardner è è il massimo esponente.
Il presupposto di questa teoria è che le nostre facoltà mentali non sono limitate a quella che la psicologia sperimentale del secolo scorso ha definito “intelligenza” (intesa in senso unitario o fattoriale), analizzata come espressione logica e misurata in termini di quoziente intellettivo (Q.I). Esistono numerose facoltà mentali, da Gardner provocatoriamente definite intelligenze multiple, che ricoprono il vasto e articolato campo di azionementale che ogni essere umano esprime (intelligenza linguistica, cinestesica, spaziale, sociale, musicale, introspettiva, ecc., che illustreremo nei prossimi paragrafi).
Queste intelligenze si presentano come una sorta di dotazione genetica, più o meno consistente, che viene ovviamente arricchita e sviluppata con l’allenamento e l’esperienza.
Ciascuna di queste intelligenze è soggetta a limitazioni di espressione solo in parte superabili: si tratta di vere e proprie trappole mentali che caratterizzano il funzionamento di ogni mente umana. Alcune di queste trappole sono conosciute e accettate da tempo, come le illusioni ottiche (limitazioni del nostro sistema percettivo derivanti dalla complessità rappresentazionale dell’apparato visivo). Moltissime altre trappole mentali, definite anche gabbie mentali dalle quali è molto difficile evadere, sono poco conosciute o vengono inconsapevolmente trascurate sul fallace presupposto di un infallibile funzionamento del nostro sistema mentale. L’economia sperimentale, grazie al contributo fondamentale di una equipe di studiosi capeggiati da Daniel Kahneman (premio Nobel per l’economia nel 2002), ha consentito di dimostrare, sulla base di una vasta serie di esperimenti condotti in condizioni di laboratorio simili alla realtà quotidiana, che decisioni, scelte e processi di comprensione, con particolare attenzione a quelli di carattere economico, sono in prevalenza basati su meccanismi mentali automatici, intuitivi, emotivamen- te condizionati, tali da condurre sovente a conclusioni errate e a risultati inefficaci. Il comportamento umano nei confronti di moltissimi processi mentali, come ad esempio quelli di natura sociale o di natura logica e matematica, non attiva risposte razionali (e quindi corrette ed efficaci), bensì processi irrazionali condizionati dalla componente emozionale della mente e da diffuse limitazioni e distorsioni cognitivo-percettive che producono una vasta gamma di “trappole mentali” (bias).
L’economia sperimentale ha consentito il definitivo superamento della teoria economica basata sulla razionalità e sulla massimizzazione dell’utile che fino a oggi si pensava caratterizzasse gli operatori economici (la cui gran parte è rappresentata da imprenditori e manager). Kahneman e i suoi colleghi hanno assestato un colpo mortale all’economia neo-classica (basata appunto sulla razionalità assoluta che dovrebbe connotare ogni tipo di scelta e decisione presa da un presunto homo economicus) proponendo la “teoria del prospetto”. L’economia sperimentale è anche definita economia comportamentale in quanto ha superato l’approccio teoretico e matematico tipico dell’economia neo-classica.
Non è un caso che gli economisti neo-classici la ignorino o la combattano spietatamente arroccandosi nei loro paradigmi consolidati (come ampiamente dimostrato per qualsiasi rivoluzione del pensiero da Thomas Kuhn nel suo celebre La struttura delle rivoluzioni scientifiche).
Se le discipline manageriali non prendono atto di queste conquiste e non puntano a risolvere gli evidenti limiti delle numerose trappole mentali a cui sono spesso soggetti gli operatori economici, continueremo ad assistere al proliferare di decisioni inefficaci, se non dannose, che sono alla base delle quotidiane difficoltà economiche e sociali. Questa attenzione non può certo garantire “la soluzione” di tutti i problemi del mondo aziendale e, più in generale, delle organizzazioni (si pensi alla catastrofica situazione della burocrazia italiana), ma può rappresentare un progresso e una risposta adeguata perché basata su modelli più attuali e coerenti al contesto che stiamo vivendo.